Mi ha sempre stupito il brano in cui Elia sfida, da solo, i 450 falsi sacerdoti di Baal (1Re 18,20).
Con la sua fine ironia ed insieme con la sua immensa fede granitica!
Mi vien spontaneo chiedermi come reagirebbe oggi, di fronte a tante sfrontatezze di cui siamo spettatori. Che direbbe di tanti nostri compromessi mondani? Che direbbe di tante nostre feste popolari?
Ma anche, che direbbe di tanti inchini succubi di fronte a tanti concerti, negli stadi osannanti idoli di facile consumo? Che direbbe di tanti segni magici, di cui sono ricche le nostre terre? E che direbbe del nostro cammino di fede più stanco che convinto?
Sono domande che si intrecciano e che evidenziano il grido della fragilità ma anche l'esigenza di una radicalità evangelica. Spesso questa radicalità evangelica, sembra avere perso 'cittadinanza' nel nostro mondo soffocato da un materialismo frenetico che vuole esorcizzare 'le paure' che ci prendono.
Certo, quel brano di sfida aperta è una pagina di meditazione fortissima. Perché vi sono contrapposte due logiche: una che guarda al calcolo, al numero, alla vistosità degli eventi, alla folla.
L'altra invece è la logica del profeta silenzioso, solo ed anche isolato. Un grido che molto assomiglia al grido di Gesù sulla Croce, anch'esso solo ed isolato dalla folla.
E' lo stile di Nazareth. Lo stile di chi in realtà vince, non per la forza del numero, ma per la forza della sua fede credente. Che Dio doni a ciascuno il cuore di Elia in questo tempo 'tribolato' che chiede discernimento continuo e fede 'credente'.