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sulla morte di Don Carlo e il suo dono
La comunità Pastorale, in particolare la Parrocchia di Montesiro, ricorda l'anniversario della morte del Beato Carlo Gnocchi
LUNEDI' 28 FEBBRAIO
DURANTE LA SANTA MESSA DELLE ORE 08.30
in Parrocchia a Montesiro
Il racconto:
Quattro alpini a sorreggere la bara, altri a portare sulle spalle i piccoli mutilatini in lacrime. Poi la commozione degli amici e conoscenti, centomila persone a gremire il Duomo e la piazza e l’intera città di Milano a tributargli onore ed affetto, saracinesche abbassate e chiese listate a lutto. Così il 1° marzo 1956 l’arcivescovo Giovanni Battista Montini – poi Papa Paolo VI – celebrava i funerali di don Carlo Gnocchi, l’indimenticato cappellano della Tridentina nella disastrosa campagna di Russia e fondatore a guerra finita della “Pro Juventute”, l’opera che coordinò gli interventi assistenziali a favore delle vittime innocenti del conflitto e che gli valse il titolo meritorio di “papà dei mutilatini”.
Don Carlo Gnocchi si spense nel tardo pomeriggio del 28 febbraio di 66 anni fa in una stanza della Clinica Columbus di Milano, dove era stato ricoverato per una grave forma di tumore. L’ultimo suo dono ai mutilatini e al mondo fu la donazione delle cornee. Per le sue virtù umane e sacerdotali, la Chiesa l’ha proclamato beato nel 2009.
Il compianto monsignor Giovanni Barbareschi, amico fedele di don Gnocchi e suo esecutore testamentario, ricorda così gli ultimi momenti: «Don Carlo era sotto la tenda a ossigeno. Quella mattina chiese il piccolo crocifisso che la mamma gli aveva regalato per la Prima Messa e volle che fosse appeso sulla tenda per vederlo sempre. Lo appendemmo con del nastro adesivo. Don Carlo lo guardava e gli parlava con gli occhi. Le ultime parole che disse furono: “Grazie di tutto”. E poi quell’esortazione: “Amis, ve raccomandi la mia baracca”. Verso sera si aggravò. Improvvisamente si appoggiò con i pugni al materasso, prese il crocifisso strappando l’adesivo, lo baciò e chiuse gli occhi per sempre...».