«La donna, quando partorisce, è afflitta, perché è giunta la sua ora; ma quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più dell’afflizione per la gioia che è venuto al mondo un uomo» (Gv 16,21)
Con oggi concludiamo la lettura della lettera ai Romani e domani ci avventuriamo nella prima lettera ai Corinzi. Tra Paolo e quella comunità c’è una comunicazione fitta; essa è legata alla notevole incertezza che si vive all’interno di quella Chiesa, dalla quale nascono anche molti contrasti. L’incertezza nasce dalla novità radicale del nuovo genere di vita cristiano rispetto alla tradizione precedente. Occorre “inventare” uno stile di vita cristiano o, meglio, un ethos, un modo di vivere, un costume civile.
Questa settimana terminiamo di leggere la Lettera ai Romani, la sintesi più elaborata e scritta di Paolo a proposito della sua comprensione del mistero di Dio rivelato in Gesù.
Provvedo - come sempre - a indicare un indice un po’ ragionato dei testi che affronteremo: i capp. 10-11 concludono il discorso sul destino del popolo eletto: che ne è di loro? Sono tagliati fuori per sempre dalle promesse di Dio (ricordiamoci che è il “popolo di Paolo”)?
Affrontando la Lettera ai Romani, siamo condotti alle pagine della riflessione più matura di Paolo a proposito della sua comprensione del mistero di Cristo e della giustizia di Dio che in Lui si è rivelata. Come già accennavamo, sono pagine molto dense, che avrebbero bisogno di una introduzione più precisa e meno concentrata.