Don Enrico Angelo Crippa nasce il 28 novembre 1936.
Trascorre l’infanzia e l’adolescenza a Besana in Brianza. Dopo le scuole elementari intraprende la professione di sarto con grandi soddisfazioni, fino a quando, attratto dalla vita monastica, nel 1961, entra nel monastero benedettino di Vallombrosa che si trova nell'omonima località del comune di Reggello, in provincia di Firenze nella diocesi di Fiesole. Qui rimane per qualche anno e prende i voti perpetui come monaco.
Nel 1966 parte, con un lungo viaggio in nave, come monaco missionario per S. Paolo in Brasile.
Dopo vari anni passati ad occuparsi dei poveri e dei “meninos de rua” (ovvero i bambini di strada), entra in seminario per intraprendere la strada sacerdotale e poter portare l’eucarestia ai propri parrocchiani.
Viene ordinato sacerdote nello stadio Maracanà di Rio de Janeiro il 2 luglio 1980 per mano del Santo Padre Giovanni Paolo II.
Nel 1981, per la prima volta dopo la sua partenza, ritorna a casa per celebrare la sua Prima Messa nella Basilica Romana Minore di Besana in Brianza.
In Brasile, per tanti anni, è stato direttore spirituale del seminario diocesano di San Paolo.
Per molti seminaristi Don Enrico è stato un padre, un maestro, un amico; un sacerdote esemplare sempre disposto a darsi per il servizio del prossimo.
Nel 1982 arriva a Jundiaì (San Paolo) nella Parrocchia di Nostra Signora di Montenegro con la funzione di Vicario parrocchiale.
Appena arrivato intraprende l’impresa di terminare i lavori di costruzione della Chiesa, creare nuove pastorali come la pastorale dei minori, della salute e dei bambini. Grazie alle offerte provenienti dall’Italia acquista alcuni terreni attorno alla parrocchia e inizia la costruzione del suo grande sogno, l’Educandario Pierangela in nome dell’amata sorella.
Questa struttura accoglie molti bambini di strada e offre ricovero ai bambini delle famiglie i cui genitori devono lavorare.
Quest’opera si rivela di somma importanza per tutta la comunità, fino ad oggi. Don Enrico acquista tre terreni per la costruzione di alcune cappelle nelle favelas: la cappella San Giovanni Gualberto, la cappella Nostra signora della Speranza e la cappella della Sacra famiglia. Nel frattempo intorno alla chiesa costruisce delle aule per fare la catechesi.
Aldilà delle costruzioni, Don Enrico lascia un grande eredità pastorale e spirituale. Porta in parrocchia una esperienza nuova per la diocesi: la “catechesi famigliare” per cui i genitori sono invitati ad essere i catechisti dei loro figli. Promuove un nuovo ardore missionario per i movimenti ed i diversi settori pastorali e fa attecchire un nuovo sguardo liturgico nelle celebrazioni dopo il Concilio Vaticano II.
Incentiva il servizio “Incontro degli sposi con Cristo” finalizzato ad evangelizzare le famiglie, introduce il “Movimento Catecumenale” ed il “Rinnovamento Carismatico Cattolico” che nascono con proprie caratteristiche di evangelizzazione.
In alcune testimonianze ricevute dai sui parrocchiani si legge:
“ Ora voglio raccontare la parte umana di questo grande uomo con cui abbiamo avuto il privilegio di convivere. Non posso dimenticarmi delle innumerevoli volte che aiutò personalmente me e anche la mia famiglia. Il giorno in cui mi invitò a intraprendere e frequentare la scuola diaconale, per cui, per grazia di Dio, divenni diacono della Chiesa di Nostro Signore Gesù Cristo. Ricordo ancora un episodio che segnò tutta la comunità, quando una famiglia, che aveva perso tutto per le circostanze della vita, lui non esitò di portarla in casa sua, perché era rimasta senza una casa. Non risparmiava sforzi per soccorrere gli ammalati, anche quando lui stesso era ammalato, portava conforto con le sue parole e anche portava il sacramento della Unzione degli Infermi
Anche alla fine della sua vita, quasi ormai senza forze, voleva ad ogni costo celebrare l’Eucaristia, cosa che faceva con tanto zelo e amore.
Così amava celebrare i sacramenti del Battesimo e del Matrimonio e, certamente, la Santissima Eucaristia.
Quante famiglie della comunità volevano assolutamente che si occupasse lui del matrimonio dei loro figli e delle loro figlie, perché la sua preparazione era significativa.”
Diacono Wilson Roberto Mazer.
Innumerevoli altre sono le testimonianze che giungono dal Brasile riguardanti questo monaco missionario diventato prete in terra di missione.
“Molto attento al bisogno del prossimo, divenne famoso, per tutti, il suo consiglio che usava dare in quasi tutte le occasioni, che si riassumeva in una sola parola “Coraggio!!”.
Alla sua morte le campane hanno suonato a festa per alcuni giorni…”
Don Enrico è morto il 21 ottobre 2017 ed è stato sepolto, nel cimitero della sua parrocchia, il giorno successivo il 22 ottobre, data in cui la Chiesa celebra la festa di San Giovanni Paolo II. È la firma di Dio, infatti fu proprio Papa Giovanni Paolo II che lo ordinò sacerdote.
Don Enrico terminava le sue celebrazioni eucaristiche esclamando “Value“ parola brasiliana che in italiano significa “è stato bello”. Grazie Don Enrico … è stato bello averti nella nostra vita.