Nelle situazioni di estremo dolore, dove a soffrire non c'è solo la persona malata, ma anche la famiglia della stessa, ciò che necessita non è il 'chiasso' delle opinioni, ma il silenzio, la preghiera, il rispetto del dolore altrui.
Non serve puntare il dito verso nessuno, perché nel dolore non c'è chi vince e chi perde, ma chi spera e si dispera. E' la compassione che lenisce le ferite ed infonde la forza per rialzarsi e continuare a sperare.
Ecco perché bisogna stare accanto alle persone che soffrono, così come a quelle che assistono i propri cari con dedizione e carità. La famiglia va seguita, va sostenuta, con parole di speranza e di vicinanza, perché il dolore deve unire e mai dividere, deve cioè portarci all'abbraccio reciproco invece che alla condanna.
Siamo chiamati a dare coraggio e conforto a chi è nella prova con occhi di misericordia. Bisogna annunciare e testimoniare alla società attuale la forza della nostra fede in Dio, della nostra fiducia nel suo amore.
La vita va rispettata sempre, dal concepimento al suo temine naturale. Non tocca a noi mettere fine ad essa, decidere quando è il momento di congedarsi da questa esistenza.
Anche quando tutto sembra ormai pronto a finire, non dimentichiamo che si salva solo colui che ha perseverato nella speranza in Dio, dove tutti troveremo risposta, riposo e consolazione.