L’Azione Cattolica Ambrosiana in collaborazione con l’Arcidiocesi di Milano e la FOM organizza in tutte le zone pastorali una veglia di preghiera alla vigilia della beatificazione che si terrà sabato 30 aprile nel Duomo di Milano.
Per la Zona di Monza la veglia sarà VENERDI 29 APRILE ORE 21.00, in Basilica a Besana
Armida Barelli (1882-1952), anima di tante istituzioni, dalla Gioventù Femminile di Ac all’Università Cattolica, dall’Opera della Regalità all’Istituto secolare delle Missionarie della Regalità di Cristo, è stata soprattutto una donna credente, immersa nella storia, testimone appassionata e modello per migliaia di giovani donne che da lei hanno imparato ad amare Dio, il prossimo, la Chiesa.
Don Mario Ciceri (1900-1945), nato in Brianza a Veduggio, figlio di una famiglia povera e ospitale, viene ordinato nel 1924 ed è nominato vicario parrocchiale di Brentana di Sulbiate. Vive tutto il suo ministero in quella parrocchia, spendendosi totalmente per la cura dell’oratorio, dell’Azione Cattolica, dei malati e del popolo di sfollati dalla guerra. Muore prima della fine della guerra per la quale aveva offerto la sua vita dal letto dell’ospedale.
Ma cosa significa per la Chiesa di Milano avere due nuovi beati? Come rileggere le loro personalità e vicende alla luce del presente? Il vicario generale, monsignor Franco Agnesi, risponde a questa domanda partendo da due immagini simboliche, un cappellino e una bicicletta: «Nei bei libretti illustrati che riguardano Armida Barelli (di Maria Teresa Antognazza) e don Mario Ciceri (con la prefazione di don Claudio Borghi), spiccano questi due particolari che spiegano benissimo il fascino di questi nuovi beati», nota infatti monsignor Agnesi che aggiunge: «Anche se sono pubblicazioni pensate per i ragazzi, queste immagini e parole ci possono aiutare a comprenderli, magari più di tante poderose biografie».
Sotto quel cappellino di Armida Barelli, continua mons Agnesi, c’è un volto, una storia, una situazione di vita che ha portato una giovane donna a non preoccuparsi soltanto della sua bellezza o intelligenza, con la decisione di mettere la sua formazione a servizio del Signore, delle altre donne e ragazze del tempo, e quindi, anche del bene comune, della società, della cultura. Una scelta coraggiosa, non scontata per l’epoca e che le costò anche qualche critica in famiglia. Ma lei non si scoraggiò: sotto quel cappellino c’era una testa pensante e generosità.
E così anche la bicicletta di don Mario Ciceri ci dice qualcosa. È un mezzo che, ieri come oggi, ci conduce a qualche meta, che può servire in modo individualistico, oppure può farci incontrare persone che hanno bisogno, vivendo relazioni particolarmente intense, così come fece don Mario. Con la sua bicicletta girava i paesi della Brianza per incontrare i malati, per confessare, per portare a salvezza, durante il secondo conflitto mondiale, uomini che avevano bisogno di essere protetti. Una vita vissuta non per sé, ma nel ministero dedicato al bene della Chiesa e al popolo che gli era stato affidato. Mi pare che sia un insegnamento molto chiaro.
Per chi volesse approfondire la figura dei due nuovi beati ecco il link al sito della diocesi in cui trovare proposte di lettura e iniziative varie