Sui luoghi della guerra, alla ricerca della pace

Da don Fabrizio, 4 Maggio, 2023
Asiago

C’è del giusto nella guerra?
C’è del sacro nel morire per quella che viene definita la “difesa della patria”?

Il 24 aprile noi, ragazzi del gruppo adolescenti, abbiamo cercato di rispondere a questa domanda visitando uno degli scenari della più grande guerra di trincea: la prima Guerra Mondiale.
Grazie ai nostri educatori e a chi ci ha accompagnato abbiamo avuto la possibilità di vivere un’ esperienza di alto valore civico, utile per far crescere, noi adulti del futuro, come cittadini consapevoli. Il giorno precedente ci siamo avviati con le auto verso l’altopiano di Asiago, dove abbiamo alloggiato per la notte; è solo la mattina seguente che ci siamo diretti alla malga da cui siamo partiti per la nostra escursione. Abbiamo incominciato pian piano a salire verso la cima del monte Cengio attraversando altipiani erbosi, non molto favoriti dal tempo che è stato nuvoloso per tutta la giornata, fino a che siamo arrivati alle prime gallerie. Qui abbiamo preso consapevolezza del senso vero dell’escursione, il freddo pungente che colpisce appena si varca la soglia, il buio che ti avvolge, la sensazione claustrofobica di stare in uno spazio piccolo e chiuso, la pesantezza della roccia che ti sovrasta, l’umidità estrema proveniente dalle infiltrazioni nella roccia. Queste sono solo alcune delle sensazioni che ci hanno sommerso e che ci hanno trasportati indietro nel tempo, in una realtà a noi, per fortuna, sconosciuta. Una realtà di sofferenza, dolore ma anche di estrema sopportazione, che può sembrare lontana ma che qualche tempo fa ha scalfito la pelle di ragazzi della nostra età e poco più grandi, provenienti da tutta Italia, ma che avevano i nostri stessi desideri, le stesse nostre speranze. Ragazzi a cui è stata prelevata l’adolescenza e che hanno ricevuto in cambio la morte. 
Grazie alla luce delle nostre torce ci è stato possibile avanzare nelle gallerie, proseguendo il  cammino e attraversando spazi che in passato furono giacigli, infermerie, postazioni dei cannoni. Poi uscendo in superficie abbiamo camminato attraverso le trincee e siamo stati sommersi da un mare di nebbia che non ha fatto che aumentare la suggestione generata dal luogo. Il sentiero verso la vetta proseguiva a sbalzo, ma noi l’unico paesaggio che potevamo osservare era un’immensa distesa bianca ed è, attraversando questi ambienti, che siamo arrivati alla vetta. Siamo entrati nella zona sacra e ci siamo trovati di fronte un maestoso altare dedicato a tutte le morti di guerra e dedicato al sangue versato per la difesa della patria. È proprio in questo luogo che sorge l’interrogativo forse più importante: c’è realmente del sacro in queste morti? Questi ragazzi sono da considerarsi eroi o sono stati vittime condotte al patibolo dai pochi che hanno compiuto delle scelte? Questa è una domanda che probabilmente è restata senza risposta, ma sono fermamente convinta che lo stesso scopo dell’esperienza fosse di scavare dentro di noi e per questo una domanda è molto più importante di qualsiasi risposta… è solo interrogandosi che una persona può cambiare.
Nel viaggio di ritorno ci siamo fermati in una cappella situata sul sentiero, dove abbiamo celebrato la Messa, dopo la quale siamo tornati verso la malga del Roccolo attraverso altri sentieri. Qui ci ha accolto un caloroso benvenuto che dopo una giornata all’aperto in mezzo alle nuvole è stato veramente apprezzato: penso che tutti abbiano gustato i piatti caldi che ci hanno donato. Anche un piccolo gesto come questo ha impresso nella nostra memoria un bel ricordo che ognuno di noi porterà per la vita. 
Tutti siamo rimasti colpiti da questa esperienza che, densa di significato, grazie alla compagnia ha saputo anche essere divertente e piacevole. Ha lasciato un ricordo importante in ognuno di noi che, nella nostra diversità, abbiamo potuto sfruttare al meglio questa possibilità di crescita.

Viola