"Soprattutto sii buono: la bontà è quanto più assomiglia a Dio e più facilmente disarma gli uomini." E' un frammento di una lettera che un domenicano nel 1852 ha scritto ai suoi giovani. La bontà è una qualità che trasfigura anche il corpo, si irradia sul volto stesso; la bontà è superiore alla genialità.
Credo sia significativo riproporre questa riflessione su una virtù così radicata proprio quando i social suggeriscono la spregiudicatezza, l'aggressione verbale, la prevaricazione come divertenti e fortunati modelli di comportamento.
La semplice bontà è a prima vista perdente; tuttavia è solo con essa che si costruisce, si vive, si gioisce, si lascia nella storia un segno vero. Essere buoni significa avere occhi capaci di andare oltre ciò che risalta a prima vista per scorgere ciò che spesso si nasconde.
Non è sinonimo di ingenuità: è la pazienza che sa attendere tempi, modi e mezzi per costruire dialoghi educativi.
Scriveva san Giovanni XXIII nel giornale dell'anima: "Continuerò nello sforzo tranquillo di essere soprattutto buono e benigno, senza debolezze, ma insieme con perseveranza e pazienza con tutti..."