Con questa settimana concludiamo la lettura degli Atti degli Apostoli e ci addentriamo nell’epistolario paolino, cominciando con la lettera teologicamente più matura: quella ai Romani.
Il testo di Atti si conclude con l’arrivo di Paolo a Roma dove, agli arresti domiciliari, annuncia il vangelo ai giudei prima e poi ai pagani. Nulla si dice del suo martirio. Il testo si conclude con l’annuncio del vangelo al centro del mondo conosciuto di allora: a Roma.
E proprio in vista di questo viaggio a Roma, intorno al 57 d.C., probabilmente a Corinto, avvicinandosi il suo ritorno a Gerusalemme, Paolo teme che tutto il suo ministero non venga riconosciuto dalla chiesa-madre. Nel suo cuore c’è il desiderio di visitare prima Roma, poi la Spagna. Ci troviamo quindi nel momento in cui si compie il suo annuncio in Oriente e si apre quindi quello in Occidente. I primi due capitoli che leggeremo parlano del tema della “giustificazione” ovvero della condizione dell’essere giusti davanti a Dio enunciando la tesi fondamentale: è nel Vangelo che «si rivela la giustizia di Dio, da fede a fede, come sta scritto: Il giusto per fede vivrà» (1,17). Il ragionamento di Paolo parte dalla constatazione che ogni uomo è giudicato da Dio e non può pretendere di essere giusto da se stesso. In questo senso, su ogni uomo si rivela il giudizio di Dio.
La lettera è certamente complessa, ma affascinante. E sul tema della giustificazione si è creata la spaccatura della riforma protestante. Anche se - è giusto ricordarlo - gli eventi storici hanno molto pesato sull’esegesi dei testi, da parte di entrambi i contendenti (cattolici e protestanti) a segno che non esiste lettura e interpretazione oggettiva, ma sempre il soggetto è coinvolto. Ed è un bene: se chi legge non fosse coinvolto, la lettera rimarrebbe morta, muta.
La lettura è complessa ma affascinante. Forse bisognerebbe avere qualche indicazione meno sintetica, ma noi intanto ci introduciamo nella lettura continua dei testi.
don Paolo, parroco
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Buona lettura!