Affrontando la Lettera ai Romani, siamo condotti alle pagine della riflessione più matura di Paolo a proposito della sua comprensione del mistero di Cristo e della giustizia di Dio che in Lui si è rivelata. Come già accennavamo, sono pagine molto dense, che avrebbero bisogno di una introduzione più precisa e meno concentrata. Ma il nostro intento per ora non è la comprensione di ogni passaggio, quanto piuttosto avere un’idea generale del modo con cui Paolo ci annuncia il mistero evangelico a partire dalla sua esperienza di peccatore convertito.
Offro solo un breve indice dei capitoli e dei temi che incontreremo nella lettura dei prossimi giorni: i cc. 3-4 continuano la riflessione a proposito del tema della giustizia di Dio e della giustificazione dell’uomo, concludendo che tale giustizia l’uomo non la ottiene con i propri meriti guadagnati attraverso le opere della legge, ma attraverso la fede in Dio stesso che giustifica. La figura di riferimento qui è Abramo che, in questo senso, è nostro padre nella fede.
I capitoli successivi mostrano come questa giustizia derivante dalla fede diventa una esperienza possibile all’uomo riscattato dal peccato (il confronto qui è tra Adamo e Cristo, c.5); e - di conseguenza - come la liberazione dal peccato sia in grado di inaugurare una vita nuova (cc.6-7).
E poi il c.8 che si conclude con quello splendido inno alla salvezza: Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? (31-39).
A partire dal c.9 Paolo si sofferma sul destino di Israele, colui che era il primo destinatario delle promesse di Dio: che ne sarà di quel popolo?
È vero che i temi sono impegnativi e il procedere argomentativo di Paolo non è sempre liscio; ma non lasciamoci scoraggiare: solo la frequentazione assidua e credente di questi testi ne potrà portare alla luce i significati che a una prima lettura rischiano di rimanere in ombra.
don Paolo, parroco
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Buona lettura!